Mafia: pentito Cannella, “attentato a Costanzo era per avvertirlo non per ucciderlo”

La deposizione del collaboratore di giustizia al processo per la “trattativa” a Palermo

PALERMO, 12 dic. – L’attentato mafioso del maggio del ’93 a Maurizio Costanzo “non aveva l’obiettivo di uccidere il giornalista, ma di dargli un avvertimento”. A rivelarlo, a distanza di 21 anni dall’agguato di Cosa nostra, è il pentito di mafia Tullio Cannella, deponendo al processo per la trattativa tra Stato e mafia, collegato in videoconferenza con la Corte d’assise di Palermo. Cannella racconta di avere saputo i retroscena dell’attentato al presentatore dal boss mafioso Leoluca Bagarella, con cui era in buoni rapporti.

“Nel’93 vi fu un attentato e Bagarella stava andando al mare – spiega Cannella rispondendo alle domande del pm Francesco Del Bene – e mi fece una battuta sarcastica: ‘Tutti questi attentati in Italia… Secondo me sono i terroristi, saranno quelli della Falange armata’. Ma era stata una battuta. Bagarella disse in dialetto: ‘Cu sta bummideddra, u Costanzo s’assistimò’ (con questa bomba abbiamo sistemato Costanzo ndr). Bagarella mi fece capire che questo episodio intimidatorio induceva il giornalista a evitare di fare programmi dove primeggiava l’attacco nei confronti della mafia. Mi disse anche che non si voleva uccidere Costanzo ma che si voleva dargli un avvertimento. Perché lui girava in un ambiente vicino a Cosa nostra, lui lavorava per Mediaset, il cui proprietario era all’epoca Berlusconi“.

Alla domanda del pm Del Bene sul perché si volesse intimidire Costanzo e non ucciderlo, Cannella risponde: “Costanzo era vicino a degli amici, lavorava con personaggi che avevano un rapporto buono con Cosa nostra”.

(AdnKronos)

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