Chiunque si rechi a Catania per la prima volta si chiede se è giunto in un altro Stato o se a Catania viga una legislazione diversa da quella italiana. Ciascuno infatti si accorge immediatamente che o a Catania non esiste un codice stradale o, se esiste, è totalmente diverso da quello italiano. Questo risulta evidente dal numero spropositato di persone senza casco su motocicli nonché dalla innumerevole quantità di infrazioni che chiunque sia stato a Catania conosce benissimo. Tutti coloro che vivono in città che non necessariamente si distinguano per il grande senso civico, ma in cui ci sia un minimo rispetto delle regole stradali, si stupiscono della situazione che c’è a Catania.
Di fronte a una situazione così anomala si può ipotizzare che, come detto, a Catania esiste una legislazione diversa o che, come pensano molti, i catanesi o i meridionali in senso lato (infatti la situazione non è diversa a Palermo, Messina o Napoli) sono predisposti geneticamente in maniera tale da non essere in grado di rispettare le leggi. Ma tali conclusioni sarebbero molto ingenue. In verità sappiamo che c’è un solo modo di far rispettare la legge: punire chi non la rispetta. Chi non rispetta la legge paga. Ora, quello che si nota immediatamente è che quasi tutte le infrazioni, anche quelle più evidenti, rimangono impunite. Quante volte abbiamo visto persone senza casco sfrecciare o procedere lentamente di fronte a vigili non dico inermi, ma assolutamente immobili, come se niente stesse accadendo di fronte ai loro occhi? Ma se le forze dell’ordine non svolgono il proprio dovere è perché evidentemente non sono sollecitate in tal senso, cioè perché nessuno ha mai imposto loro di fermare tutti coloro che vanno senza casco, come peraltro sarebbe normale in qualsiasi altro posto.
Ci si deve dunque rendere conto che se a Catania non esiste un codice stradale (o se viene applicato raramente) è perché chi amministra la città vuole che a Catania non esista un codice stradale. Gli amministratori hanno tutti i mezzi necessari a far rispettare la legge, ma decidono liberamente di non servirsene. La domanda “perché a Catania non si rispetta la legge?” diventa: “perché a Catania gli amministratori non vogliono che si rispetti la legge?”. E’ evidente che se chi governa non si adopera per fare rispettare la legge, ha un interesse a farlo. Se un amministratore catanese imponesse il rispetto rigoroso del codice stradale, stravolgendo quindi la politica finora attuata, manderebbe a chiunque un messaggio preciso: chi non rispetta la legge paga. Inoltre far rispettare rigorosamente il codice stradale significherebbe imporre uno stato di legalità a partire dalle azioni più semplici che ciascuno compie e vede ogni giorno, che si potrebbe estendere ad ogni altro ambito, e ciò, evidentemente, non conviene agli amministratori stessi. Non conviene perché andrebbe a colpire gli interessi delle associazioni criminali che, nel caso migliore, cercano di non disturbare e con cui, nel caso peggiore, sono strettamente collusi.
Non ci si deve certo stupire di una collusione tra lo Stato e le associazioni criminali. Spesso si crede (e molti vorrebbero farlo credere, soprattutto con certe fiction) che lo Stato e la mafia siano stati e siano in perenne conflitto. La verità non è solo diversa, è opposta. La mafia senza l’ appoggio e la compiacenza dello Stato e di chi lo rappresenta non sarebbe mai nata e non potrebbe neanche esistere. Un caso particolare che spiega come questo connubio tra Stato e mafia sia quasi “strutturale” nello Stato italiano e che cercare di fare rispettare la legge in Italia è pericoloso, è l’incontro tra Giulio Andreotti e Stefano Bontate dopo la morte di Piersanti Mattarella, presidente della Regione siciliana che aveva deciso che chi non rispettava la legge avrebbe pagato. Mattarella a causa del suo atteggiamento viene ucciso dalla mafia. Giulio Andreotti, uno dei maggiori rappresentanti dello Stato, sa che Stefano Bontate, boss della mafia, ha ordinato l’uccisione di Mattarella.
Ci si aspetterebbe che Andreotti combatta Bontate con tutti i mezzi di cui lo Stato dispone e che lo Stato stesso combatta la mafia con tutte le proprie forze. In realtà accade ben altro. Andreotti incontra privatamente Bontate e mostra il suo dissenso in merito all’uccisione di Mattarella. Poi se ne va e tutto finisce lì. Andreotti non dice a nessun giudice né agli italiani di aver incontrato personalmente il mandante dell’omicidio di Mattarella. Ciò è avvenuto perché Andreotti non aveva nessuna intenzione di compromettere i propri rapporti con la mafia. Il messaggio che passa da questa vicenda e che Andreotti contribuisce volontariamente a far passare, è semplice: chi rispetta la legge (Mattarella) paga. La storia dell’Italia e della Sicilia mette in guardia chiunque: chi rispetta la legge paga.
Cosa c’entra tutto questo col rispetto delle regole stradali? C’entra, perché se tu per caso non avessi capito come stanno le cose, lo comprenderesti subito semplicemente osservando cosa succede per strada: ti preoccupi di mettere sempre il casco in motorino, di mettere la cintura in macchina, di non parlare al telefono o fare qualsiasi altra cosa mentre guidi? Ecco, c’è chi non mette il casco, non mette la cintura, parla il telefono e fa quello che gli pare mentre guida e nessuno gli dice niente; chi è lo stupido tra te e lui? Cerchi un posto libero per posteggiare e non lo trovi? C’è chi posteggia in seconda o tripla fila, ti rallenta, ti impedisce il passaggio e la possibilità di trovare posto. Fai la fila all’autostrada per ore? C’è chi ti supera a destra nella corsia di emergenza e quando sarà arrivato tu sarai ancora lì che aspetti come un cretino. Insomma, se non l’avessi capito, il messaggio è questo: chi rispetta la legge paga.
Davide Palazzo