Dato che la notizia è rimasta quasi sottaciuta da parte di tutta la stampa che conta, vi riproponiamo qui un pezzo scritto per il Quotidiano della Calabria dal bravo Peppe Baldessarro.
Una sponda parlamentare
Nelle carte i contatti di Dal Torrione con Tassone e Maria Grazia Laganà
REGGIO CALABRIA – Il sindaco di Gioia Tauro, Giorgio Dal Torrione, era preoccupato per l’arrivo della commissione d’accesso agli atti amministrativi che il Viminale gli aveva mandato. Temeva che gli ispettori ministeriali mettessero il naso nella corte del Comune. In qui documenti che potevano svelare gli affari dei clan, i favori fatti ai Piromalli. Le sue responsabilità e le sue connivenze. Dal Torrione aveva paura che la pentola fosse scoperchiata e che lui e la sua amministrazione rimanesse impigliato nelle maglie della giustizia. Per questo nel febbraio scorso, dopo che nel dicembre precedente nel suo comune era arrivata la commissione di accesso antimafia, cercò di prendere tempo, di trovare una sponda politica. A dicembre si era già incontrato con Mario Tassone, suo compagno di partito nell’Udc, e il 28 febbraio si reca a Roma per incontrare nuovamente sue rappresentanti istituzionali, componenti della Commissione parlamentare nazionale antimafia, Mario Tassone di nuovo, e Maria Grazia Laganà, del Pd.
Il 21 febbraio 2008, riferisce la polizia ai magistrati, Del Torrione sente Fabio, un componente della segretaria della Laganà, che da un telefono intestato all’onorevole gli portava «buone notizie».
Fabio chiamava il sindaco «per dirgli della proroga firmata ieri (il 20 febbraio, ndr)», anche se non sapeva di quanti giorni.
E aggiunge: «bisogna stare con gli occhi aperti, comunque è un dato positivo altrimenti avrebbero già chiuso il discorso».
Dal Torrione completava la frase aggiungendo «se no ci avrebbero già fatto il culo a cappello di prete». Fabio chiede anche del reintegro in giunta dell’assessore Nicola Zagarella (a suo tempo componente della segretaria di Francesco Fortugno, il vice presidente del consiglio regionale ucciso a Locri nel 2006). L’esecutivo di Gioia era stato sciolto da poco dalo stesso primo cittadino, e per rifare la squadra il primo cittadino dice di «aspettare che si chiarisca il problema».
La conversazione, a giudizio dei pm che hanno condotto l’inchiesta, è «particolarmente significativa per due motivi. Il primo è relativo alla esigenza e alle iniziative che Dal Torrione ha adottato per ritardare al l’accesso della Commissione, al punto che “Fabio” si affretta a chiamarlo per comunicargli della proroga. E non manca di sottolineare il valore positivo della cosa, segno evidente del fatto che ben sa come tale risultato fosse particolarmente desiderato da Dal Torrione. Il secondo è quello relativo al timore manifestato da entrambi con riferimento agli esiti del lavoro della Commissione, su cui mostrano di voler intervenire, quanto meno per ritardarne l’inizio dei lavori».
Per gli inquirenti «il ritardo consente a Dal Torrione di mettere a posto le cose nei limiti del possibile. E una prima cosa la mette senz’altro a posto: modifica la composizione della Giunta allo scopo di eliminare “il personaggio equivoco”, cioè il vice sindaco Rosario Schiavone, colpevole di non essersi dimesso, sicchè è chiaro il riferimento alla vicenda relativa al parere favorevole espresso nei confronti di Piromalli».
Alla luce dei risultati investigativi acquisiti in ordine alla vicenda – aggiungono i pm – «non c’è che da concludere che il vero personaggio equivoco per bocca dello stesso interessato è proprio lui, il Dal Torrione». Il sindaco che cerca di metterci una pezza e che per farlo, non esita a rivolgersi ai componenti calabresi dell’antimafia nazionale.
Giuseppe Baldessarro
(Il Quotidiano della Calabria, 24/10/2008)