REGGIO CALABRIA – «Signor Condello si penta e dica tutto quello che sa sull'omicidio di mio padre». Rosanna Scopelliti, la figlia del giudice Antonino Scopelliti ucciso il 9 agosto del 1991 sulla strada per Campo Calabro da killer calabresi armati dalle cosche siciliane, non ha usato mezzi termini del palco del secondo meeting “Legalitàlia”.
Al “supremo”, il boss arrestato dall’Arma amarzo, Rosanna Scopelliti ha chiesto di passare dalla parte dello Stato, di vuotare il sacco, di mettere per iscritto tutto quello che sa, ed è molto, sui fatti di 'ndrangheta degli ultimi venti anni. La stessa richiesta di una “collaborazione eccellente” per fare luce sull'omicidio del giudice Scopelliti, era partita pochi minuti prima dalla bocca di Piero Grasso, il procuratore nazionale antimafia sceso a Reggio Calabria per ricordare la figura di un collega perito sulla strada della legalità, stretto tra interessi criminali troppo grandi.
Quel giorno, il 9 agosto del 1991, nessuno ha visto ho sentito niente. A diciassette anni di distanzanonsi è fatta giustizia, ancora oggi non si ha traccia ne della moto usata dai killer, ne dell'arma utilizzata (che si pensa siano stati sotterrati nel greto di un torrente reggino).
Nel 2004 la Corte di Cassazione ha cancellato la tesi dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, per i quali Antonino Scopelliti era stato ucciso per “pilotare” la sentenza sul Maxi processo aCosa nostra. Un patto scellerato, siglato dai vertici delle cosce reggine che stavano provando ad uscire da una guerra di mafia sanguinaria e, anche grazie all'arte diplomatica della Cupola sicialiana, si apprestavano a siglare una pace che dura ancora oggi. Scopelliti sarebbe stato ucciso per rendere il favore ai mafiosi palermitani.
Per trovare una “traccia”, per riuscire a sollecitare le coscienze di chi conosce, Rosanna Scopelliti è uscita dall'ombra. Oggi, con tutta la sua forza, vuole trovare giustizia per il padre, vuole che la Calabria si risvegli, che i giovani siano in grado di alzare la testa e, con la schiena dritta, schierarsi dalla parte dello Stato. «Non siamo qui per stimolarvi alla commozione o raccontarvi storie strappalacrime, vogliamo che vi arrabbiate, che la Calabria reagisca». Anche questo ha detto Rosanna Scopelliti, figlia del magistrato di Cassazione Antonino, ucciso dalla mafia nel 1991, chiudendo i lavori di Legalitalia. «Questo – ha aggiunto – è forse l'unico modo per affrancarsi dal giogo della mafia, anche da quella in giacca e cravatta di cui parlava io padre. E soprattutto: non pagate il pizzo. Denunciate. Senza le vostre denunce la giustizia non può fare nulla. Abbiate il coraggio di parlare. Prendete il cuore in mano perchè siamo noi per primi a doverci rialzare e fare in modo che la Calabria sia una regione veramente libera e non una regione di mafia. Non voglio più che se ne parli così. Andiamo avanti, noi non abbiamo paura di loro».
Rosanna Scopelliti ha chiuso facendo dapprima un doveroso ringraziamento al lavoro dei ragazzi di Ammazzatecitutti e della Fondazione Antonino Scopelliti «Li ringrazio tutti — ha detto – hanno fatto un lavoro strepitoso, sono venuti anche da molto lontano per aiutarci e starci vicini».
(tratto da "Il Quotidiano della Calabria" del 12 agosto 2008 )