CALTANISSETTA, 27 nov. – “Mio padre mi disse che il giudice Falcone, doveva essere ucciso perche’ era un magistrato molto attivo e dava fastidio a Cosa nostra. Si parlava di uccidere sia Falcone che Borsellino, sin dalla meta’ degli anni ottanta. Non ci furono soggetti estranei a Cosa nostra nell’organizzazione della strage. In carcere, piu’ volte mi sono lamentato con mio padre per tutte le bombe che stavamo facendo esplodere in Italia e per l’attentato a Falcone. Non riuscivo a darmi una spiegazione plausibile. Mio padre mi allargo’ le braccia, quasi a volermi dire che bisognava comportarsi in quel modo”.
E’ quanto ha riferito il pentito Calogero Ganci, figlio del boss Raffaele, deponendo nell’aula bunker di Rebibbia, nell’ambito del processo per la strage di Capaci davanti alla Corte d’assise di Caltanissetta. “Fra Riina e mio padre -ha aggiunto Ganci- il rapporto era molto intimo. Pero’ mio padre, con il passare del tempo, era diventato succube di Riina, era una sua marionetta. Lui faceva tutto quello che Riina gli chiedeva. I Madonia hanno dato la vita per Salvatore Biondino. Riina si fidava soprattutto di loro. Era certo che non l’avrebbero mai tradito”.
(AGI)