La presenza del Ministro Angelino Alfano rappresentava sicuramente l’evento clou di questo meeting.
L’intervista, realizzata da Aldo Pecora con la partecipazione dei ragazzi di “Ammazzateci Tutti”, si è aperta con il saluto del Sindaco La Valle. Questi, parlando di fronte ad una nutrita platea, ha voluto ringraziare le autorità presenti, dal Comandante Provinciale della Guardia di Finanza Alessandro Barbera al sindaco di Messina Renato Accorinti, dagli esponenti delle forze dell’ordine seduti nel parterre istituzionale all’ex governatore Giuseppe Scopelliti. “Ho sentito parlare spesso Alfano di infrastrutture, di immigrazione, di problematiche a noi così vicine. Questo ci spinge ad agire ulteriormente nella direzione che abbiamo preso, perché vogliamo accettare la sfida che viene da Roma, vogliamo cioè competere con i paesi dell’Europa del Nord. Dal nostro riscatto passa il riscatto dell’Italia intera” ha chiosato il primo cittadino di Villa San Giovanni.
Molti gli spunti toccati da Alfano nel corso del suo intervento. Nell’incipit, il ministro ha voluto ringraziare preliminarmente Rosanna Scopelliti, “la cui tenacia dice ancora una volta che la genetica è una scienza esatta”.
Successivamente Alfano si è scagliato contro i cosiddetti ladri di parole: “Che onore ha un uomo che ammazza? Ma di che uomini d’onore parliamo? Rispetto per la famiglia? Ma quale rispetto? E quale famiglia? Che rispetto merita chi fa inginocchiare onesti commercianti chiedendo il pizzo o il racket? Hanno rubato tutto alle nostre terre, perfino le parole: la vera battaglia culturale passa dalla riappropriazione di questi concetti”.
E se le parole hanno un significato preciso, se – come direbbe Nanni Moretti – esse sono importanti, Alfano rivendica il merito di aver inserito il termine “ndrangheta” nelle fattispecie di reato: “C’era la mafia, c’era la camorra, ma non c’era la ndrangheta. Ora la legge italiana la riconosce come tale. Ed è un punto importante nell’azione di contrasto”. Un’azione di contrasto che si estrinseca in tre atti: arresto dei latitanti, carcere duro e aggressione ai beni criminali, i patrimoni mafiosi sequestrati dallo Stato. “In tal senso abbiamo istituito un Fondo unico della Giustizia, miliardi di euro frutto di aggressioni all’illecito profitto: soldi che vengono dati al Ministero per contrastare proprio l’azione messa in campo da Cosa Nostra”.
Un successo di cui Alfano va fiero e che però non basta nel momento in cui esso non viene coniugato, nel quadro di una strategia economica ad ampio respiro, con la declinazione di una finanza legalitaria: “Solo se spingiamo su questo fronte arriveranno sviluppo e occupazione. Come si fa a dare un futuro alla nostra terra, se al sud c’è più del 50% di disoccupazione giovanile? A emigrare non devono essere i giovani, ma gli ndranghetisti schiacciati dalla reazione dello Stato”. E se lo Stato è chiamato a compiti straordinari, l’opinione pubblica non deve demordere, non deve cedere alle intimidazioni e alle violenze della criminalità organizzata.
“Falcone e Borsellino, Livatino e Dalla Chiesa, Scopelliti e tanti martiri di questa repubblica non hanno versato il loro sangue invano! Come non sono cadute nel vuoto le parole di padre Puglisi o quelle più recenti di Papa Francesco”.
Durezza è emersa anche rispetto al tema della violenza negli stadi: Alfano intende paragonare giuridicamente i facinorosi che animano le curve ai “picciotti” che operano sul territorio: “Abbiamo previsto misure analoghe! Non ci muoveremo solo con il Daspo individuale, ma anche col Daspo collettivo nei confronti di certi gruppi. Sarà il branco a pagare per i reati compiuti”. Un ultimo appunto, infine, sulla mala-politica, sulla gestione para-criminosa delle nomine sanitarie, una piaga che spesso è emersa alla ribalta della cronaca: “Le scelte che adottiamo devono sempre essere illuminate: non esiste la scissione su due piani della politica e delle professionalità. No, ci sono donne e uomini che operano bene o operano male. Una persona per bene sarà un manager efficiente. Se sappiamo che uno è ladro, o sospettiamo con forza che sia così, evitiamo di dargli qualsiasi ruolo o aumenterà il flusso di corruzione nel paese. Può sembrare ovvio, ma la maggior parte dei danni avviene quando non si opera secondo la bussola del buon senso”.