{mosgoogle} COMUNICATO STAMPA
Su richiesta della Procura della Repubblica, il Gip di Urbino, divergendo da precedenti conclusioni del Tribunale di Cosenza, ha archiviato il procedimento penale relativo alla querela per diffamazione a mezzo stampa sporta dall’imprenditore calabrese Domenico Parrotta contro gli scrittori Emiliano Morrone e Francesco Saverio Alessio, difesi dall’avvocato Francesco Siciliano, per due pagine del loro libro su ’ndrangheta e politica La società sparente (edito da Neftasia di Pesaro nel 2007). Nella querela non era stato coinvolto, invece, l’editore del volume.
La vicenda era arrivata alla stampa nazionale per la parallela e urgente richiesta di sequestro del testo, presentata dal Parrotta al Tribunale civile di Cosenza, nel novembre 2007. In prima istanza, ritenendo la sussistenza del reato di diffamazione, il Tribunale civile di Cosenza aveva obbligato gli autori ad acquistare le copie del libro rimanenti nelle edicole e nelle librerie di San Giovanni in Fiore (Cs), loro città di origine. In appello ne aveva rigettato il ricorso per una decorrenza dei termini derivante da nuova interpretazione di norme. La seconda edizione del libro era uscita con le due pagine incriminate completamente vuote, come forma simbolica di autocensura. Per Morrone e Alessio, non c’era stata alcuna diffamazione verso Parrotta, ma il mero racconto di vicende già note, rispetto alle quali avevano espressamente escluso qualsiasi colpevolezza o imputabilità dell’imprenditore, incensurato.
Il Gip di Urbino aveva già archiviato analoga querela contro i due autori, presentata dall’orafo calabrese Giovambattista Spadafora. La querela di Parrotta, in un primo tempo arrivata alla Procura della Repubblica di Cosenza, era stata poi trasmessa a Urbino per motivi di competenza, essendo stato stampato il libro La società sparente nella città marchigiana.
A sostegno di Morrone e Alessio, anche per il clima generale di intimidazioni e minacce subite in Calabria dall’uscita del volume, erano intervenuti il filosofo Gianni Vattimo, il giornalista Franco Abruzzo, consigliere dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, il fratello del giudice Paolo Borsellino, Salvatore, il deputato Angela Napoli, già membro della Commissione parlamentare antimafia, Rete per la Calabria, coordinamento di associazioni e movimenti a favore della legalità, il testimone di giustizia Pino Masciari, i giornalisti di inchiesta Marco Travaglio e Ferruccio Pinotti e gruppi organizzati di giovani sensibili al valore della giustizia, attivi in ogni parte di Italia. Nello stesso tempo, diversi politici di San Giovanni in Fiore – tra cui il sindaco Antonio Nicoletti, destinatario d’una causa di risarcimento da parte degli autori – avevano pubblicamente rifiutato di discutere il testo, limitandone il contenuto al comune calabrese e sostenendo la gratuità delle vicende ivi narrate, anche considerandole frutto di pettegolezzo e fantasia.
In un articolo pubblicato sul settimanale L’Espresso, lo scrittore Roberto Saviano aveva invece pienamente confermato la validità e attendibilità del saggio-inchiesta di Morrone e Alessio, centrato sulla deriva etica e politica della Calabria, corroborata da inquietanti inchieste della magistratura su sanità, fondi e appalti pubblici. Intervenuti sui rapporti fra politica, ’ndrangheta e massoneria a Casal di Principe (Ce), in università, scuole, piazze, tv e radio italiane, i due scrittori avevano continuato a denunciare, con nomi e dettagli, la pericolosa espansione internazionale della malavita calabrese, causa dello spopolamento in Calabria e strettamente legata al mondo politico e affaristico. Avevano anche lanciato un allarme di vigilanza con un reportage da Duisburg, a un anno dalla strage.
Giunta la notizia dell’archiviazione del procedimento riguardante la querela di Parrotta, l’avvocato Francesco Siciliano ha dichiarato alla stampa: «È una vittoria della libertà di stampa e informazione. Chi scrive deve poter informare, raccontando i fatti senza timore di ingerenze, strumentalizzazioni politiche e particolarità ambientali».
Alessio ha detto: «Abbiamo sempre avuto fiducia nella magistratura. Le nostre ragioni sono state ora certificate dallo Stato». Morrone ha invece sottolineato: «Indipendentemente dalla vicenda di Parrotta, verso cui, per la mia formazione cristiana, non ho affatto risentimento, la decisione del Gip di Urbino è un segnale forte alla politica e ai poteri forti. Nessuno può essere al di sopra della legge».