{mosgoogle}Reggio Calabria, 11 lug. – (Adnkronos) – ”Cosa nostra tento’ di coinvolgere la ‘ndrangheta nella strategia stragista degli anni ’90, ci furono anche delle riunioni ma poi la cosa non si concretizzo”’. Lo ha affermato il collaboratore di giustizia Antonino Fiume nel corso del processo ‘Meta’ che si sta svolgendo a Reggio Calabria in aula bunker. Rispondendo alle domande del pm Giuseppe Lombardo, Fiume ha ripercorso la storia criminale della famiglia De Stefano di Reggio Calabria alla quale era molto legato (anche per avere avuto una relazione sentimentale con la figlia dell’allora boss Paolo De Stefano). Le cosche reggine decisero che non era conveniente partecipare a questo ”attacco allo Stato”, unica deroga fu l’omicidio del giudice Antonino Scopelliti come favore ai siciliani per impedire l’approdo del maxi processo sulla mafia alla Corte di Cassazione. Il posto del vecchio boss e’ stato preso, ha raccontato Nino Fiume, da Giuseppe De Stefano, oggi detenuto in regime di 41 bis. Secondo il collaboratore di giustizia, a Peppe De Stefano venne conferito il grado di ”crimine” nell’organizzazione criminale. Altro capitolo e’ quello della pace dopo la guerra di mafia che a Reggio Calabria ha seminato centinaia di morti ammazzati. La sostenevano Mico Alvaro e Giovanni Tegano, entrambi capicosca molto influenti. A dettare le regole della pace fu Mico Libri. Infine un accenno al legame tra ‘ndrangheta e politica. ”Sono i politici a cercare i mafiosi, non il contrario”, ha affermato il pentito Nino Fiume.