Invece no. Invece abbiamo preferito impegnarci anche noi in prima persona qui a Reggio Calabria e seguire il consiglio del giudice Salvo Boemi che un anno fa denunciava che a Reggio, città troppo spesso dalla memoria corta e che vive una situazione analoga a quella della Palermo dei primi anni ’90, non si era mai pensato di trovare una data in cui incontrarsi, soprattutto con i ragazzi, e commemorare le vittime di mafia: un’ iniziativa da inserire all’interno dell’anno scolastico, una giornata che, forza di cose, sarebbe potuta essere quella del 23 maggio.
Nonostante gli immancabili imprevisti e gli inevitabili “incidenti di percorso”, la giornata ha regalato ad ognuno di noi mille e più emozioni ed è stata una valida occasione per confrontarsi, raccontare e conoscere non solo le storie spesso dimenticate delle innumerevoli vittime di mafia, ma soprattutto per fare insieme il “punto della situazione” e coinvolgere le nuove generazioni affinché anche loro possano avere gli strumenti per rendersi conto della situazione paradossale in cui la nostra regione sopravvive fingendo di vivere.
Una regione vittima di quella ‘ndrangheta che utilizza gli scagnozzi solo per uccidere o chiedere il pizzo, ma che ha ai suoi vertici un numero ingente di <<briganti in colletto e cravatta>>, politici indagati e rappresentanti delle più potenti massonerie e che sguazza annaspando in una situazione talmente tanto assurda da fare sì che siano i magistrati ad essere denunciati dai malavitosi e dai politici in odore di mafia.
<<Voglio raccontarvi una favola, quella di due bambini che si chiamavano Giovanni e Paolo…>> con queste parole Aldo Pecora ha iniziato a spiegare ai ragazzi che affollavano l’Auditorium "Gianni Versace" la storia del giudice Falcone intrecciandola a quella di altri magistrati, uomini delle scorte, giornalisti o semplici cittadini onesti uccisi dalla criminalità organizzata. Ha poi fatto capire all’intera platea di giovani che <<La mafia non è un semplice 'agente atmosferico’ , come la pioggia, per la quale basterebbe un ombrello per ripararsi; non è nemmeno un raffreddore, che curi con un'aspirina o una febbre, che sparisce dopo tre giorni. La mafia è un cancro, mortale, che entra nelle vostre vite senza neanche bussare o chiedere permesso. E se hai un cancro o te ne accorgi per tempo e lo recidi drasticamente o sarà poi troppo tardi >>.
I ragazzi sono attenti e seguono con interesse i vari interventi.
E’ vero, e forse per la prima volta, quei giovani hanno capito di essere considerati veri protagonisti e non “troppo piccoli” per avere la capacità di essere uomini e donne degni di questo nome.
E la loro attenzione, l’interesse dimostrato durante tutte le 4 ore circa di incontro è la riprova che l’esperimento è riuscito.
Un grazie va quindi ai Dirigenti Scolastici che hanno avuto fiducia in questa iniziativa e, nonostante il poco preavviso, hanno dato la possibilità ai ragazzi di partecipare a questo incontro. Grazie a loro e ai professori che hanno accompagnato gli studenti in questa avventura.
Grazie a Sonia Alfano e Pino Masciari per la loro testimonianza, al Prefetto Musolino rappresentato dalla dottoressa Maio, al Procuratore Capo della DDA di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone e al Questore Santi Giuffrè per il sostegno e la disponibilità ad essere con noi.
Presidente Fondazione "Antonino Scopelliti"
Coordinamento nazionale "Ammazzateci Tutti"
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